PROGETTO MEMORIA 27 GENNAIO

Messaggio di Liliana Segre

Sopravvissuta ai campi di sterminio
Senatrice a vita

Miei cari ragazzi e ragazze, da oltre un anno ho rinunciato (complice l’età) alla mia missione naturale: incontrare i giovani nelle scuole. Per trent’anni ho raccontato agli studenti la “mia memoria “ perché bisogna rompere il silenzio. Un Paese che ignora il proprio ieri non può avere un domani ecco perché spetta a voi, nuove sentinelle, l’esercizio infaticabile sulla memoria, che è la ricucitura (imperfetta) di un percorso di guarigione civile, percorso che serve a mantenere in buona salute la democrazia. Un principio formidabile, come un albero i cui principali rami si chiamano pace, eguaglianza e libertà. Spero mi saprete  perdonare per l’assenza, vi consegno idealmente il più ettuoso dei saluti ed auguri, il futuro è nelle vostre  mani e la stella polare che vi guiderà si chiama Costituzione.

Shalom,
Liliana Segre

CHI È LILIANA SEGRE

Liliana Segre, 88 anni, sopravvissuta al campo di concentramento Auschwitz-Birkenau e reduce dell’olocausto, è stata nominata senatrice a vita per volere del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Liliana Segre rimase vittima delle leggi razziali fasciste all’età di 8 anni, quando nel settembre del 1938 fu costretta ad abbandonare la scuola elementare. Il 7 dicembre 1943, con il padre e due cugini, cercò invano, con l’aiuto di alcuni contrabbandieri, di scappare in Svizzera. Venne tuttavia catturata dai gendarmi del Canton Ticino e rispedita in Italia dove, il giorno successivo, fu tratta in arresto a Selvetta di Viggiù, Varese. Dopo sei giorni di carcere venne trasferita prima a Como e alarcere di San Vittore a Milano, dove rimase detenuta per 40 giorni. Il 30 gennaio 1944 venne deportata con il padre in Germania, partendo dal ‘Binario 21’ della Stazione Centrale di Milano. Raggiunto il campo di concentramento di Birkenau-Auschwitz, fu internata nella sezione femminile. Non rivedrà mai più il padre, che morirà ad Auschwitz il 27 aprile 1944. Anche i suoi nonni paterni, arrestati a Inverigo, Como, il 18 maggio 1944, furono deportati ad Auschwitz, dove furono uccisi il giorno stesso del loro arrivo, il 30 giugno dello stesso anno. Il 27 gennaio 1945, sgomberato il campo di concentramento di Birkenau-Auschwitz per sfuggire all’avanzata dell’Armata Rossa, i nazisti trasferirono 56.000 prigionieri, tra cui anche Liliana Segre, a piedi, attraverso la Polonia, verso nord. La Segre, non ancora 15enne, fu condotta nel campo femminile di Ravensbrück e in seguito trasferita nel sotto campo di Malchow, nel nord della Germania. Fu liberata il 1º maggio 1945, dopo l’occupazione del campo di Malchow da parte dei russi. Tornò a Milano nell’agosto 1945. Liliana Segre è una dei 25 sopravvissuti dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati nel campo di concentramento di Auschwitz. Nel 1990, dopo 45 anni di silenzio, si rese per la prima volta disponibile a partecipare ad alcuni incontri con gli studenti delle scuole di Milano, portando la sua testimonianza di ex deportata. Attività che prosegue tuttora. È insignita dell’onora di Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitagli con motu proprio del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi il 29 novembre 2004; della Medaglia d’oro della riconoscenza della Provincia di Milano, assegnatagli nel 2005. Il 27 novembre 2008 ha ricevuto la Laurea honoris causa in Giurisprudenza dall’Università degli Studi di Trieste, mentre il 15 dicembre 2010 l’Università degli Studi di Verona le ha conferito la Laurea honoris causa in Scienze pedagogiche.
È Presidente del Comitato per le ‘Pietre d’inciampo’ – Milano, che raccoglie tutte le associazioni legate alla memoria della Resistenza, delle deportazioni e dell’antifascismo.

Liliana Segre

Quando le piccole cose portano a grandi trasformazioni

È iniziato da piccole cose. Il divieto di andare a scuola, la proibizione di esercitare la propria professione, le vetrine dei nostri negozi che vanno in frantumi. È stato un lento e progressivo processo quello che ci ha portato ad essere prima cati, ‘appartenente alla razza ebraica’ così hanno scritto sui nostri documenti e poi etichettati, con una stella gialla cucita sulla giacca. Tutto è iniziato con piccole trasformazioni quotidiane. Non ci hanno subito rastrellato e condannato a morte. No, prima ci hanno deumanizzati. Lavorando sulla mente dei popoli giorno dopo giorno, hanno dato vita a un lento e profondo lavaggio del cervello. Nell’immaginario collettivo l’ebreo è stato via via spogliato della propria umanità. È male distruggere il negozio di una persona. Ma se appartiene a un ebreo, a quell’essere lì, allora è diverso.La cultura è importantissima. Ma se si tratta di libri e testi ebraici, è un dovere morale bruciarli.La vita umana ha un valore inestimabile. E’ la vita degli ebrei ad avere un valorerente. È stato fatto un profondo lavoro mediatico. Con scritte sui muri, cartelloni pubblicitari in cui venivamo rati con nasi adunchi e mani da mostri. Breenivamo accusati di tutti i mali del mondo. E così, quando tutto questo è diventato normale, quando ebreo è diventato sinonimo di essere umana-mente diverso, hanno potuto procedere. Ci hanno caricato su carri bestiame, stipati in vagoni senza aria, chiusi nelle camere i nostri corpi nei forni crematori. Nessuno ha pro-testato, perché tanto a morire nei treni erano solo degli ebrei. Nessuno ha provato a salvarci, perché tanto a venire gasati erano degli ebrei. La tradizione ebraica insegna il valore inestimabile del ricordo. Perché dal passato non solo impariamo cosa è stato, ma anche gli errori che non andrebbero mai più ripetuti. Quando ci sediamo intorno a una tavola apparecchiata a festa, celebriamo la memoria di eventi trascorsi e la loro lezione di vita. Così se vedrete accadere di nuovo piccole discriminazioni, rizzate le antenne. Se qualcuno nel vostro tempo verrà ucciso perché prega a un Dio diverso o perché riposa al sabato invece che alla domenica, allarmatevi sapendo che tutto ciò è già successo. Se dei bambini verranno gasati a pochi chilometri da casa vostra, non pensate tanto è in Siria che sta accadendo. Se vedrete nelle notizie fedeli riuniti per pregare nelle chiese che vengono fatti saltare per aria da terroristi che non accettano religioni diverse, non cambiate canale. Se dei giudici in Francia scagioneranno degli assassini che ucci-dono degli ebrei con la scusa che erano ubriachi o annebbiati dall’uso di droghe, sappiate che qualcosa sta di nuovo bollendo nella pentola dell’umanità. E non è un piatto di cui andari. La Shoà, il tentativo di eliminaramente un’intera nazione dalla faccia della terra, è iniziata con piccole trasformazioni. Con il riuscire a fare accettare alle persone una nuova normalità. La storia ci insegna che l’umanità non si degenera tutta d’un colpo. E che l’erenza verso le qualsiasi tipo di ingiustizia, è la base su cui attecchiscono fenomeni di portata molto più grande. Ottanta anni fa sarebbe forse bastata qualche voce fuori dal coro per salvare la vita a sei milio-ni di persone. Dalla Shoà impariamo che la voce di ognuno di noi può salvare un intero mondo.

Gheula Canarutto Nemni
Scrittrice e autrice di libri, laureata alla Bocconi in Economia